L’apocalisse prossima ventura è una delle credenze più fondamentali dell’umanità, adottata da tutte e tre le tre maggiori religioni. Ci aspettiamo la catastrofe. Ma quando? E per chi? E quanti si accorgono di esserci già dentro? Viviamo in un mondo al rovescio in cui la verità non ha più valore del falso, in cui il bullo è molto più apprezzato della persona ragionevole, la correttezza è un disvalore. E’ la catastrofe della democrazia, e si combina con un mix letale con altre catastrofi in atto: iI cambiamento climatico, l’inquinamento, la perdita di biodiversità…. Viviamo in un mondo in cui il disastro ambientale è arrivato a punti di non ritorno, in cui il pianeta soffre un cambiamento climatico drastico e potenzialmente pericoloso per la sopravvivenza anche della nostra specie, eppure preferiamo negare l’evidenza piuttosto che “costruirci un’arca”, lavorare insieme a un grande progetto di salvezza. Anzi i nuovi venti del capitalismo neo-anarchico d’oltreoceano ci portano a negare l’evidenza e ad applaudire chi, per vendere più auto, più petrolio o più carbone, ci porta sempre più dentro il baratro (ormai l’orlo l’abbiamo oltrepassato).

Ci consoliamo pensando che da che mondo è mondo di “catastrofi” ce ne sono state tante. La storia della “fine del mondo” ce l’hanno raccontata così tante volte che non ci fa più paura o comunque ne siamo tanto assuefatti da attenderla inermi con fatalismo dei perdenti. La trama della storia, ripetuta in tantissimi libri e film è sempre la stessa: l’apocalisse arriva, i profeti o gli scienziati non vengono ascoltati ma, anche se moltitudini di innocenti o peccatori verranno sacrificati alcuni “eletti” (tutti in fin dei conti ci crediamo tali) si salveranno.
Ecco come abbiamo “addomesticato” la fine del mondo trasformandola nel culmine di un disegno, “inevitabile” come il destino e ”giusta” perché occasione di rinascita dei “migliori” in un mondo rinnovato e “migliore”. Eppure terremoti, tsunami, tempeste e uragani ma anche guerre, rivoluzioni e dittature avrebbero dovuto ormai insegnarci qualcosa sulla stupidità e arroganza umana, sulla capacità di noi, Homo sapiens, di auto-distruggerci e sulla imprevedibilità di una natura molto più grande di noi. Tendiamo a dimenticare soprattutto che siamo su un pianeta che per 3,8 miliardi di anni ha fatto a meno di noi e potrà sopravvivere a lungo quando saremo scomparsi (sia per colpa di una catastrofe naturale che di una guerra di sterminio tutta umana, o della combinazione di entrambe).
I dinosauri non ci hanno insegnato niente
Il più grande spettacolo dopo il Big Bang fu probabilmente la caduta del grande asteroide che colpì il golfo del Messico (si chiama ancora così nonostante Trump) 65 milioni di anni fa. Pochi riuscirono a sopravvivere: i dominatori del momento, i dinosauri, vennero spazzati via, ma si aprì lo spiraglio perché ad evolversi, diffondersi e specializzarsi fossero piccoli animali casualmente sopravvissuti: i mammiferi (nostri antenati). La catastrofe naturale, locale o planetaria, non è una punizione celeste diretta a noi (i soliti arroganti): è una caratteristica insita nella storia dell’universo, non risparmia nessuno anche se a volte apre opportunità, di certo non guarda noi Homo sapiens con particolare benevolenza, anche se ci siamo autoproclamati dominatori momentanei del pianeta. “E’ ironico pensare”, – scrive Telmo Pievani, filosofo della scienza, nel suo libro La fine del mondo (il Mulino 2012) – “che il beneficiario di una fine del mondo (quella che ha visto la fine dei dinosauri) sia oggi l’artefice di una prossima fine del mondo (il proprio) grazie ai suoi comportamenti insostenibili”.
Paura dell’incertezza
Già Sant’Agostino (III secolo d.C.) sentiva il cruccio di non saper giustificare il Male gratuito e inutile che domina il mondo e non si accorda con la tesi di una divinità infinitamente buona e costantemente previdente nei confronti delle sue “creature preferite”. Leopardi nelle Operette Morali si struggeva per la evidente “indifferenza” della Natura nei nostri confronti. Lottiamo da sempre per dare un senso alla vita e alla morte costringendo la Natura dentro la camicia di forza della nostra legge morale. Il modo in cui il nostro cervello si è evoluto ci porta a rintracciare segnali, corrispondenze, cause, intenzioni anche là dove non ce ne sono (così nascono le superstizioni”).

Le grandi narrazioni apocalittiche ci hanno aiutato a dare un senso a eventi che non hanno “senso” inserendo catastrofi naturali casuali in un “disegno comprensibile” (un Dio che spazza via i peccatori e riprova a partire da zero. La ciclicità della storia. La guerra come igiene del mondo). Ormai però dovremmo uscire da questa prospettiva così limitatamente “umana” e auto-giustificatoria e vederci inscritti nel grande libro dell’universo “con leggi e ritmi” – scrive ancora Pievani – “del tutto indifferenti alle sorti di un primate di grossa taglia che abita in un piccolo pianeta in un Sistema Solare periferico di una piccola galassia”.Nel “Dialogo tra la Natura e un islandese” Leopardi (Operette Morali)immaginala Natura Matrigna chiedere all’Uomo :“Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto a causa vostra? Se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie io non me ne avvedrei neppure!…”
Il disastro siamo noi
Dare “colpe” alla Natura Matrigna non ha alcun senso, meglio sarebbe in molti casi domandarsi quali siano le “nostre” responsabilità, quanto le catastrofi non siano frutto delle “nostre” inefficienze, corruzioni, errori, imperizie, smanie di potere e di conquista, sterminata avidità di ricchezze. Eppure sarebbe moralmente giusto e segno di civiltà e saggezza assumersi responsabilità anche e soprattutto verso le generazioni a venire da cui, è bene ricordarsi, abbiamo avuto la Terra in prestito e a cui dobbiamo un futuro. Le nostre più grandi “follie”: dal riscaldamento del pianeta alla guerra nucleare prossima ventura, non sono che “sollettico” per il pianeta ma sono un disastro per NOI. L’apocalisse siamo noi e ci giochiamo a dadi il rischio della nostra estinzione come specie non dandoci limiti, e inseguendo stili di vita insostenibili. “Ci consolerà sapere” – conclude sempre Telmo Pievani “che stiamo facendo più danni dell’asteroide che estinse i dinosauri e con essi quasi il 90% della vita sulla Terra”. E’ l’Uomo stesso a dover essere messo davanti al tribunale che decide i crimini contro l’Umanità.
Un primate che si crede dio
Se noi sapiens siamo così “sapienti” perché siamo così autodistruttivi? Siamo inclini alla fantasia e all’illusione ma abbiamo anche capacità di raziocinio, abbiamo sviluppato il metodo scientifico , costruito cattedrali, raccolto biblioteche, inventato computer e intelligenze artificiali, ciononostante non comprendiamo meglio noi stessi e il nostro ruolo sulla Terra rispetto a quello che facevano i nostri antenati all’età della pietra. Come scrive Yuval Noah Harari storico e filosofo nel suo libro Nexus: “Siamo bravi nell’accumulare informazioni, ma abbiamo molto meno successo nel fare tesoro degli errori compiuti e nel diventare più saggi”.
Nicoletta Salvatori