La strada difficile della Generazione Z
Che cosa hanno in testa i nostri giovani? Ansiosi, indecisi, disincantati, indifferenti, a volte violenti, vittime delle tecnologie digitali.
La generazione Z (i nativi digitali, nati tra la fine degli anni ’90 e il 2012) secondo l’ultimo report del Censis, sembra sull’orlo di una crisi di nervi. Il 58,1% dei giovani di 18-34 anni si sente fragile, il 56,5% si sente solo, il 51,8% dichiara di soffrire di stati d’ansia o depressione, il 32,7% di attacchi di panico, il 18,3% accusa disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia. Un giovane su tre (il 29,6% del totale) è stato in cura da uno psicologo e il 16,8% assume sonniferi o psicofarmaci.

Secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità oltre 370mila studenti 11-17enni (il 9,3% del campione) potrebbero presentare un grave rischio di dipendenza da cibo. Vale a dire mostra un comportamento alimentare che implica “il consumo eccessivo di alimenti specifici, altamente appetibili (cioè cibi ricchi di sale, grassi e zuccheri) in quantità superiori al fabbisogno energetico normale”. Sul fronte delle nevrosi c’è da registrare un dato terribile: i casi di autolesionismo e di suicidio sono in aumento vertiginoso (per l’Associazione dei pediatri il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovanissimi).
Cervelli in fuga

Certamente c’è, ed è la maggioranza, una massa di giovani che si mette in gioco e cerca di assicurarsi un futuro migliore, in Italia o all’estero. Ma, ed è qui un altro punto dolente, è spesso proprio “altrove” che questi giovani, motivati e preparati, cercano un futuro e lo trovano. Dal 2013 al 2022 sono espatriati circa 352.000 giovani tra i 25 e i 34 anni (più di un terzo del totale degli espatri). Di questi, più di 132.000 (il 37,7%) erano in possesso della laurea. Questo significa che formiamo ottimi quadri per il benessere di altre società.
Quando la rabbia esplode
Una indagine svolta dalla Criminalpol ci fornisce poi un quadro non esaltante sull’aumento di episodi di violenza tra i giovani e giovanissimi. Nel 2024 sono stati commessi 34 omicidi da under-18, si tratta del’11% del totale e sono triplicati rispetto al 2023. La piaga dei femminicidio ha una sua evidenza anche in queste classi di età (ricordiamo tutti il caso della quattordicenne di Afragola uccisa dal “fidanzato” diciottenne) e comunque anche quando non arriva all’omicidio la violenza di genere in tutte le sue forme sembra diffusa. Cyberbullismo e revenge porn sono macchine dell’odio che vanno a tutto gas dentro i social e nella rete.
Quanto ha pesato il Covid?
L’Osservatorio “con i bambini” con la fondazione Openpolis ha stilato un rapporto che collega la natura del disagio e della rabbia giovanile con il malessere e l’ansia accumulata durante gli anni del Covid. Un periodo in cui si è anche acuita la dipendenza dal cellulare che con la premessa di una completa connessione in realtà li isola e impedisce corrette relazioni interpersonali.

L’Osservatorio “con i bambini” con la fondazione Openpolis ha stilato un rapporto che collega la natura del disagio e della rabbia giovanile con il malessere e l’ansia accumulata durante gli anni del Covid. Un periodo in cui si è anche acuita la dipendenza dal cellulare che con la premessa di una completa connessione in realtà li isola e impedisce corrette relazioni interpersonali.
L’indagine demoscopica ha fatto emergere come il 54% degli adolescenti intervistati ritenga di non essere capito dagli adulti. Un’opinione peraltro condivisa dal 45% dei genitori. Inoltre gli anni di pandemia hanno prodotto un calo netto negli apprendimenti. Nel 2022 quasi uno studente su 10 in quinta superiore, pur portando a termine gli studi, non ha raggiunto competenze di base adeguate.
La generazione ansiosa
Tra le tesi di Jonathan Haidt, autore del Best seller “La generazione ansiosa” è quella che i teenager della Generazione Z pagano le difficoltà dei genitori di gestire la trasformazione digitale tanto da mettere in pratica in alcuni casi comportamenti di iper-sorveglianza e in altri capaci di lasciare ai figli completa libertà di viaggiare sulla Rete forse non conoscendo quanto possa essere fagocitante, pericolosa e, in molti casi, crudele.
Non siamo un Paese per giovani
I giovani nel nostro Paese, lo sappiamo, rappresentano una minoranza. Secondo l’Istat sono attorno ai 12 milioni più della metà femmine, pari più o meno al 20% della popolazione. Un altro dato ben noto, ma che ci dovrebbe preoccupare, è che questa minoranza ha problemi di disoccupazione, di lavoro precario, ha difficoltà a farsi una vita indipendente, cerca lavoro all’estero. Non hanno una grande performance scolastica (quando non si tratta di vera e propria ignoranza) e sebbene vivano in simbiosi con il proprio smartphone sono intrappolati in uno strano paradosso: inseriti dentro le loro chat e i loro social mostrano tuttavia un grave analfabetismo digitale che preclude loro l’accesso a quelle professioni collegate all’informatica e alla intelligenza artificiale oggi altamente richieste. I dati Eurostat sono chiari: siamo terzultimi in Europa davanti solo a Bulgaria e Romania (solo il 58,5% ha competenze di base contro la media europea del 70,7%). I natavi digitali “subiscono” la Rete non la governano.
Nicoletta Salvatori
