Il rapporto biennale del WWF sullo stato di salute del nostro piccolo e unico mondo ci parla di un calo drammatico della biodiversità e della necessità di rimboccarci le maniche e invertire la rotta verso il disastro

La Terra è il pianeta della vita, l’unico mondo conosciuto che la ospita. Un miracolo di improbabilità, di bellezza e di varietà. Eppure, in gran parte grazie alla nostra instancabile opra di distruzione organizzata e suicida, è un mondo che subisce un costante e drammatico calo della sua biodiversità. Le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci registrano ormai da decenni cali peggiori delle borse. Il rapporto biennale sulla salute del pianeta del WWF internazionale, il Living Planet Report 2022, da poco pubblicato regista a livello globale, un calo medio del 69% in poco più di 50 anni. In particolare, nelle regioni tropicali, le più ricche di forme di vita animali e vegetali, i vertebrati selvatici stanno scomparendo a un ritmo sconcertante.

Tra le cause, – come non aspettarselo? – c’è il male di tutti i mali, il cambiamento climatico con le sue più gravi conseguenze come siccità, alluvioni rovinose, innalzamento delle temperature delle acque, fenomeni meteorologici devastanti, desertificazione. Il rapporto sottolinea che «se non riusciremo a limitare l’aumento medio delle temperature a 1,5°C, è probabile che il cambiamento climatico diventerà la causa principale della perdita di biodiversità nei prossimi decenni».

Ma ci sono altre cause ancora più direttamente imputabili al comportamento umano come: lo sfruttamento del suolo e del mare, l’agricoltura e l’allevamento intensivi, la deforestazione del territorio e la sua maggiore fragilità, l’inquinamento, la diffusione di specie aliene invasive, la caccia e il bracconaggio. Non ultima una causa più che evidente e nota dell’attuale crisi ambientale è l’aumento della popolazione umana che, negli stessi 50 anni che hanno visto il calo drammatico di gran parte delle forme viventi del pianeta, è invece raddoppiata di numero, raddoppiando i consumi e quadruplicando l’impatto (negativo) sul pianeta Terra.

Animali e foreste in via di estinzione

I dati del Living Planet Report analizzano quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie su tutto il pianeta. Fra le popolazioni monitorate ci sono ad esempio i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, le cui popolazioni sono crollate del 65% tra il 1994 e il 2016; i gorilla di pianura, il cui numero ha subito un declino stimato dell’ 80% nel Parco nazionale di tra il 1994 e il 2019; e i cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale, il cui numero è calato di due terzi tra il 1977 e il 2019. le popolazioni degli squali e delle razze oceanici a livello globale sono diminuite del 71% negli ultimi 50 anni, principalmente a causa di un aumento di 18 volte della pressione di pesca.

Preoccupa in modo particolare, la riduzione delle popolazioni d’acqua dolce, diminuite in media dell’83% a causa della perdita di habitat e delle barriere alle rotte migratorie.

Allarmanti anche i dati sull’Amazzonia, dove è ormai perduto o gravemente degradato il 34% dell’estensione originaria della foresta. Si legge nel Rapporto: «le ultime ricerche indicano che ci stiamo avvicinando rapidamente a un punto di non ritorno oltre il quale la nostra più grande foresta pluviale tropicale perderà le sue fondamentali funzioni di regolazione del clima terrestre ».Grazie alla funzione clorofilliana le foreste infatti immagazzinano carbonio dall’atmosfera (gas serra), determinando presenza di umidità nell’aria, riducono le ondate di calore. Tra il 2001 e il 2019 le foreste hanno assorbito 7,6 giga-tonnellate di CO₂ dall’atmosfera ogni anno, ovvero circa il 18% di tutte le emissioni di carbonio che causa la nostra cosiddetta “civiltà”». Salvare la biodiversità non è dunque uno sfizio di esteti e ambientalisti, non è solo per conservare la bellezza del paesaggio e salvaguardare le passeggiate in montagne o le estati al mare: è per la sopravvivenza della nostra specie!

Per fare un esempio gli scienziati calcolano che la vegetazione terrestre “rinfresca “ il nostro pianeta con la febbre ormai alta di 0.5° eppure gli esseri umani in un modo o nell’altro sono responsabili della distruzione annuale di 10 milioni di ettari di foreste (un’area grande come un terzo dell’Italia, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana tutte insieme).

Costruire un nuovo mondo

«La doppia emergenza del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità, minaccia il benessere delle generazioni attuali e future», ha dichiarato il direttore generale del WWF, Marco Lambertini. «Il WWF è estremamente preoccupato da questi nuovi dati emersi nel rapporto sullo stato del pianeta vivente».

Il consiglio che ci danno gli esperti e i ricercatori che hanno lavorato a questa analisi dello stato della biodiversità planetaria e quella di rimboccarci le maniche e di cominciare finalmente a costruire una società in armonia con la natura perché il cattivo stato di salute ha ormai evidenti conseguenze per il futuro della vita così come noi la conosciamo.

Il tempo a disposizione per invertire la rotta e salvare cosa resta dell’unico ambiente in cui noi umani possiamo sopravvivere come specie è ormai ridottissimo. Tutti sanno quale sarebbe la strada da seguire: uno stile di vita più sostenibile, energie pulite, riduzione dei gas inquinanti, maggiore attenzione al territorio e alla vita (animale e vegetale) che sostiene perché, ricordiamolo, in essa siamo compresi anche noi. E non siamo la specie più resistente al mondo. Scarafaggi e ratti se la caverebbero meglio di noi.

Nicoletta Salvatori

Come sta il Pianeta Terra