Come poter prevenire, rilevare e soccorrere al bisogno, in famiglia e oltre
L’Istituto Superiore di Sanità stima che, in Italia, siano 2.700.000 gli anziani a rischio per patologie e problemi correlati all’abuso di alcolici (circa un anziano su cinque) e che siano più di 100 miliardi di euro all’anno (111 nel 2019, quasiquanto per il SSN) i soldi bruciati per i giochi d’azzardo. Non ci riferiamo qui ai famosi Casinò e ippodromi o alle sbronze occasionali giovanili, ma a modalità e fenomeni molto più accessibili e diffusi come le macchinette da gioco nei bar, i Gratta-e-vinci nelle tabaccherie, i bicchieri di troppo bevuti spesso per alleviare la solitudine, la noia, le sofferenze emotive. La diffusa tolleranza sociale del bere e del “giocare” individuale, la mancata percezione dell’eccesso quantitativo, la vergogna sociale dei famigliari nell’ammettere ed affrontare il problema, comportano l’aggravarsi e l’esplodere dei problemi: di salute, di economia, di relazioni familiari e sociali, etc..
Perciò si richiama qui la necessità ed opportunità di porre attenzione consapevole e accorta ai possibili casi di patologici giocatori e bevitori di età avanzata. Sono più a rischio le persone che, pur dopo una vita normalmente regolata, ormai in pensione, soffrono il disimpegno, sono poco intraprendenti, peggio se rimasti vedovi, lontani dai figli.
Costoro sono più a rischio e vulnerabili a causa della solitudine, dell’inerzia per demotivazione, della ridotta tolleranza ai danni dell’alcol (si ricorda che l’I.S.S. indica, per la popolazione anziana che non abbia controindicazioni, una quantità massima tollerabile di un bicchiere di vino al giorno o equivalente alcolico). Tra i segnali d’allarme per una situazione di abuso di alcol sono più frequenti: la progressiva trascuratezza nella propria persona e abitazione, la presenza varia di bottiglie per casa, l’addome divenuto gonfio, le mani e il naso arrossati, l’incertezza nel deambulare (senz’altra causa patologica), l’eventuale richiesta di acquistare spesso anche alcolici, lo sviamento del soggetto o la sua irritazione se si affronta la questione del suo consumo di alcolici, una sua spesa corrente eccessiva rispetto alle attese. Il gioco d’azzardo patologico incide meno direttamente e meno celermente sulla salute personale ma è ben rilevabile per la frequenza e la durata degli accessi personali a locali di gioco o d’acquisto e per le gravose conseguenze economico-patrimoniali personali e familiari.
Le possibili azioni di prevenzione e gli interventi correttivi non sono univoci, ma devono essere correlati alle specificità personali. Negli ultimi anni il Gruppo Anziani dell’Ordine Assistenti Sociali Lombardia ha svolto un’indagine empirica sulla percezione del fenomeno da parte dei professionisti dell’aiuto, sulle ricadute per le persone e per la comunità, sulle modalità più appropriate per accompagnare anziani e familiari incappati nei qui richiamati comportamenti inadeguati. Quanto emerso è stato dalla stessa O.A.S.L. presentato, l’autunno scorso, in un seminario di formazione, in collaborazione col Centro Internazionale Studi Famiglia, anche al fine di definire il pertinente ruolo possibile di servizi e operatori domiciliari e di prossimità.
Ne è conseguito il convincimento che è necessario formare e aggiornare specificamente gli operatori coinvolgibili e assicurare una collaborazione sistematica tra servizi per anziani, Sert, Gruppi di Auto-Mutuo Aiuto ed anche medici di famiglia e ospedalieri. Nondimeno va’ allertata e informata la popolazione sui rischi e danni di vario tipo correlati all’eccessivo consumo di alcolici e al gioco d’azzardo, cui sono esposti molti anziani. L’ambiente sociale e la comunità sono molto importanti per la possibile solidaristica sorveglianza e il concorso alla riduzione del rischio.
Al proposito, sono da valorizzare i vari momenti di aggregazione degli anziani e impiego positivo del tempo, sostenendo gli ambiti e le iniziative di sana aggregazione e stimolazione degli anziani, ove è preziosa una loro consapevole e discreta vigilanza e indirizzo fino, all’occorrenza, all’intercettazione del rischio in atto e le conseguenti azioni. Fenomeni ben noti in corso nella nostra società, quali la riduzione delle coppie stabili, della procreazione, della persistente vicinanza di componenti familiari, si sommano all’allungamento della individuale vita media e della sopravvivenza a malattie e disabilità, etc..
Pertanto, tendono a ridursi i casi di convivenza tra coniugi e di prossimità abitativa tra familiari e, con essi, di possibile benevola sorveglianza e mutua assistenza intergenerazionale familiare in tarda età. Pertanto, risulta sempre più preziosa la presenza di una comunità sociale (ecclesiale e civile) consapevole, attenta, solidaristica, impegnata a favorire la presenza attiva e protetta dei più fragili per età, malattia, disabilità, deterioramento cognitivo, comportamentale, etc.. Mentre la famiglia tradizionale tende a restringersi e ridursi, è bene che la comunità locale diventi quasi una famiglia allargata, consapevole, attenta, solidale, in un ambiente urbano e sociale ricco di servizi di prossimità, di commercio al minuto, di occasioni e ambienti di aggregazione, di accessibili iniziative di formazione sociale e culturale e di edificazione spirituale. In tempi di individualismo dilagante, è una bella impresa e davvero buona!
Marco Triulzi